martedì 8 marzo 2011

L'ombra delle donne e altre complicazioni



Oggi è la giornata in cui si esalta il femminile, in cui ci si ricorda quanto sono belle, importanti, radiose, indispensabili, allegre, portatrici di vita, degne di diritti, le compagne, le madri, le figlie, le amiche, le sorelle, le amanti, le nonne, le donne tutte.
Oggi è la giornata nella quale io invece rispondo ad un impulso viscerale di scrivere quanto sia complicato essere donna, mossa dal rivendicare ed esaltare non solo le nostre luci ma anche i miliardi di sfumature di grigio attraverso le quali si esprime il nostro animo, virando pericolosamente verso il nero più buio e profondo, in alcune occasioni.
Sarà perché mi ha sempre colpito fin da bambina la narrazione che fa coincidere la nascita di questa “festa” con la morte di centinaia di operaie che lottavano per i loro diritti, o forse perché sto leggendo un libro molto difficile da metabolizzare, un pulp sociologico macchiato dal sangue di ferite indelebili dall'effetto delle quali nessuna lettrice può essere immune (“King Kong girl” di Virginie Despentes), che si apre con queste spietate parole:
scrivo dalla parte delle racchie, per le racchie, le vecchie, le camioniste, le frigide, le mal scopate, le inscopabili, le isteriche, le tarate, tutte le escluse dal gran mercato della bella donna.”
Prendo a prestito proprio oggi queste taglienti parole, per potermi rivolgere a tutte le nostre parti, tutti gli aspetti del femminile che vivono in noi, perché, come ho scritto altrove, noi siamo ben lungi dall'essere solo una, ma il mondo intorno certi aspetti preferisce non vederli, giudicarli o annullarli..e a volte noi con lui.
Provo sempre venerazione verso quelle donne che trovano il coraggio di mostrare al mondo anche quegli aspetti così controversi e dolorosi di sé, coloro che osano sfidare i tabù del taciuto e del non detto, raccontando episodi della propria vita o immaginando storie in cui le protagoniste sono anti-eroine, personaggi scomodi e difficili, donne ingombranti, odiose, perverse, perdenti, “cattive”.
Forse scandalizzerò alcune di voi, ma occorre che vi dica che tutte queste terribili donne sono inevitabilmente parte del bagaglio inconscio di ciascuna.
Dietro a colei che è troppo buona, sghignazza nell'ombra l'altra faccia della medaglia, perfida e vendicativa; dietro a colei che fa di tutto per essere bella, avvenente, seducente, si nasconde la racchia che non si sentirà mai all'altezza di piacere; dietro la “santa”, smania nel buio la “puttana”... nell'oscurità del nostro inconscio esiste quello che Jung chiama l'aspetto Ombra, l'archetipo che incarna tutte le caratteristiche (che fanno parte del repertorio di comportamenti dell'animo umano), ma che sono state condannate, rimosse, scisse e relegate lontano dalla coscienza.
È difficile parlare di tutto questo, perché in noi è sempre pronto e vigile il censore interno che ci mette in guardia e fa tenere le distanze da ciò che è giudicato “poco opportuno” “scandaloso” “inammissibile”. Queste affermazioni possono suscitare indignazione e risentimento, e io lo comprendo e accetto, perché è successo anche a me, molto tempo fa.
Non siamo mai pronte a riconoscere, né tantomeno ad integrare, così su due piedi le nostre parti scomode.
Per fortuna però, è stato proprio grazie agli agiti di quelle disobbedienti discole che siamo potute evolvere e veder riconosciuta pari dignità con gli uomini.
Se non fosse stato per le femministe che urlavano la loro libertà sessuale per le strade, a costo di essere reputate spregiudicate e spregevoli, non saremmo qui, libere di scegliere un partner, per una sera, per un ora o per tutta la vita, oppure anche di non sceglierlo.
Se non fosse stato per la parte ribelle e controcorrente di alcune, le stesse si troverebbero ancora in posizioni di subalternità o inchiodate in ruoli da “brava ragazza” senza bisogni e desideri.
Un'amica ieri ha scritto un post sul significato del colore rosa (lo trovi qui), mentre io già mi trinceravo dietro a queste righe maledette e rivoluzionarie, e le sue parole mi hanno aiutata.
Il rosa è il colore dell'inconsapevolezza, della nostra parte ingenua che non conosce il mondo e non ha esperienza. Ecco perché il rosa piace tanto alle bambine: le rappresenta, le coccola, ammorbidisce, rimanda a sensazioni ovattate e non pericolose. Ed è anche uno dei motivi per cui è più consolatorio, da parte dei maschi, associarlo al mondo femminile: la donna che ha troppa familiarità col nero e col grigio potrebbe essere una strega! ;-)
Ecco perché spesso in adolescenza nasce quell'irresistibile attrazione per il colore della notte: si comincia a conoscere, ci si vuole emancipare, si è attratte dal proibito, dallo sconosciuto, dal rischio e dal dolore, perché grazie ad essi si fa esperienza e si cresce.
Ma una donna che sa, che ha fatto le sue esperienze, che non si lascia sopraffare è un pericolo e quindi viene ostacolata e combattuta, e non tutte hanno la tenacia di perseverare in questo percorso, alcune soccombono, altre si arrendono, terze di perdono... relegando le energie che hanno dato vita a questo risveglio, nei meandri più reconditi di sé, rinnegando sfumature e identificandosi con modelli stereotipati.
Oggi voglio invece festeggiare proprio quelle subpersonalità imprigionate, incatenate, condannate agli inferi. Ma non è un incitamento alla ribellione. Vuole essere un invito a fargli visita, vederle e riconoscerle, perdonarle, se c'è bisogno.
In alcune favole, nei cartoni animati o nei film, si assiste alla lotta del bene contro il male: i buoni alla fine vincono sempre sui cattivi. Reinterpretando questa lotta, che non è altro che la simbolizzazione del conflitto perenne che ci portiamo dentro, lungo l'arco della nostra vita, mi viene da dire che l'elemento indispensabile è proprio l'affrontare la parte ombra, quella che ci fa più paura, perché solo riconoscendola la si può superare e inglobare nella nostra personalità, rendendola più accettabile ed edulcorandone gli istinti più complicati. Questa è la vincita: l'inclusione, non l'eliminazione.
Occorre uscire dalla logica perversa dell'aut – aut, bianco o nero, luce o buio, perché servono entrambi.
Occorre provare la sintesi. Avventurarsi nel grigio.
perché la donna bianca ideale, seducente ma non puttana, bene accasata ma non cancellata, che lavora ma senza riuscire troppo, per non schiacciare il suo uomo, magra ma non maniaca della dieta, che rimane giovane a tempo indefinito senza farsi sfigurare dai chirurghi estetici, madre realizzata ma non totalmente assorbita da pannolini e compiti per la scuola, buona padrona di casa ma non casalinga tradizionale, colta ma meno di un uomo, questa donna bianca, felice che ci viene costantemente brandita sotto il naso, quella a cui ci si dovrebbe sforzare di assomigliare, a parte il fatto che ha l'aria di rompersi le scatole per poco, a ogni modo non l'ho mai incontrata, da nessuna parte. Credo proprio che non esista” afferma la Despentes.  
Io in realtà credo che esista, a patto che sostituiamo tutti quei “ma non”... con molti “anche”, (seducente e anche puttana, ben accasata e a volte anche cancellata, che lavora riuscendo, ma anche no, che decide che non ha bisogno di schiacciare il suo uomo, magra e maniaca della dieta in un periodo o grassa e maniaca del cibo in un altro... ) a patto quindi che includiamo piuttosto che separare, perché sono convinta che anche dietro alla trasgressiva e arrabbiata Despentes si nasconda una tenera, pudica e ingenua fanciulla.

Buon 8 marzo a tutte, qualsiasi donna decidiate di essere oggi.
virginia

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