martedì 24 maggio 2011

La sofferenza necessaria: come attraversare il deserto della psiche



Il post di Evi sulla donna lupo (lo trovi qui) ha risvegliato in me il desiderio di scrivere e riflettere sulle storie di questo libro numinoso e coraggioso, stimolante e a tratti spaventoso, perché ci inchioda, ci obbliga a guardare nell'ombra della nostra psiche, costringendoci a porsi domande che non sempre hanno risposte immediate e quasi mai hanno soluzioni indolori.
Ma il bello sta proprio qui, perché in ogni caso apre mille porte speranzose sulla possibilità di farcela.
In questo nostro mondo edonistico e voluttuario, già feroce e doloroso per certi aspetti della realtà, siamo portate per difesa a fuggire tutto ciò che ci fa soffrire o evoca in noi ricordi inquietanti o sogni infranti... la nostra parte fragile sembra dire “basta, non ne posso più, voglio solo stare bene, non mi interessa sapere perché sto così male! Vorrei dimenticare, cancellare, rimuovere tutto...”.
In realtà, il passaggio attraverso la sofferenza rappresenta una tappa imprescindibile del processo di trasformazione che ci conduce verso aspetti più evoluti e liberi della nostra vita.
Tutte le storie popolari narrate nel libro sono, in certi passaggi, molto crude e violente, per niente edulcorate rispetto alle fiabe che conosciamo dai nostri ricordi dell'infanzia, dove quasi sempre c'è un lieto fine.
La Pinkola Estes, ci mostra testimonianza della saggezza delle cantastorie (impersonate dalla Loba – la lupa – La Que Sabé, colei che Sa), le vecchie senza età che tutto sanno e che possono iniziare le giovani alla vita piena che meritano, al feminino selvaggio che le abita, grazie all'opera di ricostruzione delle ossa, passaggio obbligato attraverso la metafora della morte, come sofferenza e abbandono di parti di sé che non hanno più senso di esistere.
L'autrice ci avverte che è un percorso che passa attraverso il deserto, e non nelle foreste rigogliose e sempreverdi.
E' nel deserto che La Loba trova il mucchietto di ossa, ciò che rimane di ciò che era, l'essenza comunque indistruttibile, e quello cui è possibile donare una vita nuova soffiandovi dentro una vibrante anima, grazie al canto e alle cure della saggia vecchia che ci portiamo dentro.
La donna selvaggia, la vecchia, La Loba, La Que Sabé (colei che sa) sono tutte immagini dell'archetipo dell'eterno feminino, incarnazione della psiche istintuale, necessaria alla nostra sopravvivenza.
Le ossa rappresentano invece la forza indistruttibile: l'anima-spirito che può essere ferita, anche storpiata, ma che è praticamente impossibile uccidere.
Eppure, quando attraversiamo momenti della nostra vita in cui il dolore sembra troppo grande per farvi fronte, crediamo che in noi niente riuscirà a sopravvivere, perché temiamo di essere annientate dalla tristezza, dalla perdita e anche dall'accettazione di ciò che è stato e che è difficile lasciare andare.
Invece, paradossalmente, tutto questo ci libera.
La lupa, la donna selvaggia che ci portiamo dentro, si risveglia nelle crisi e ci spinge ad andare avanti, ad attraversare il deserto consapevoli che avrà una fine e ci permetterà di rinascere a nuova e più rigogliosa vita, piena di energia.
Essere donna significa anche non arrendersi, lottare e guardare avanti, spinte da una forza immane, che esiste perché tutte noi ne possiamo essere testimonianza ed espressione nel mondo.
Si, ce l'hai anche tu che non ci credi, che non la senti, che la rifiuti... ci vuole molto coraggio anche nel riconoscerla, perché una volta scoperta, nulla sarà più come prima, e questo spaventa, perché obbliga a comportarsi di conseguenza.
Certe donne non vogliono trovarsi nel deserto psichico. Ne detestano la fragilità, la sparutezza. Continuano a cercare di mettere in moto un vecchio macinino arrugginito per raggiungere una fantasticata città rilucente della psiche. Ma restano deluse, perché il lussureggiante e il selvaggio non sono qui.
Sono nel deserto,
un luogo in cui la vita è molto condensata. Le radici di ciò che vive sono aggrappate all'ultima lacrima d'acqua. […] la psiche della donna può aver trovato la via del deserto per risonanza, per passate crudeltà, o perché non le era concessa una vita più ampia sopra la terra. Molto spesso la donna sente allora di vivere in uno spazio vuoto in cui c'è forse soltanto un cactus con un bel fiore rosso vivo, e poi, in ogni direzione, cinquecento chilometri di nulla. Ma per la donna che si spingerà a cinquecento e uno chilometri
 c'è qualcosa di più.
Lasciamoci allora prendere per mano e accompagnare dalla Loba, attraversiamo il deserto, soffriamo con dignità, poniamoci domande fondamentali per la nostra rinascita:
che cos'è accaduto alla voce della mia anima? Quali sono le ossa sepolte della mia vita? In che condizioni si trova la mia relazione con l'io istintuale? Quand'è stata l'ultima volta che ho corso libera? Come posso far sì che la vita torni ad essere viva?
E poi, sulla base delle risposte, cantiamo, balliamo, perché in questo modo
“diventiamo”, se versiamo anima sulle ossa ritrovate.
Mentre versiamo il nostro struggimento i nostri crepacuore sulle ossa di quel che eravamo da giovani, di quel che sapevamo nei secoli passati,
e sulla rinascita che percepiamo nel futuro.
Scopriamo la meravigliosa energia che ci appartiene e in ogni caso ci può far dire “Sì” ogni giorno alla vita, in tutte le sue forme.
È vero, siamo a volte fragili e delicate, spaventate e disilluse, ma anche forti, piene di risorse e indistruttibili.
Ricordiamolo.
virginia

PS. a partire da oggi,  dedicherò un post a settimana a ciascuna storia narrata nel libro, quindi se siete pronte a farvi domande...seguiteci!

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