lunedì 18 luglio 2011

La donna scheletro, metafora dell'Amore



Care amiche, siamo giunte, nel nostro percorso a tappe fra le pagine del libro Donne che corrono coi lupi, alla storia che ognuna di noi dovrebbe portare sempre con sé, custodirne il segreto nel proprio animo e ricordarsela ogni volta che c'è un problema, ogni volta in cui siamo tentate di lasciar perdere, perché la relazione con l'altro è complicata, perché ci richiede attenzione consapevole e impegno, perché ci obbliga a fare i conti con le nostre ombre e quelle dell'altro.
Questa è una storia da leggere appassionatamente con il vostro compagno, per avere un confronto adulto e maturo sul significato di essere in due e di che cosa significhi sentirsi una coppia, in una relazione fra anime che trascende la visione romantica e attraversa quella concreta delle rispettive ferite di vita, per essere maggiormente uniti e complici, una volta usciti dal guado, perché “per creare un amore duraturo, la Donna Scheletro dev'essere ammessa nel rapporto e abbracciata da entrambi gli amanti”.
Quella che racconta le vicende del pescatore e della Donna Scheletro è una narrazione intensa e carica di pathos, un po' diversa dalle altre storie del libro, dove si avvicendano eventi e sorprese, aspetti magici e rituali. Qui la vera magia è l'incontro, quello vero, libero da proiezioni, dove la paura nelle sue mille sfaccettature ci accompagna fino all'ultima riga, per sciogliersi in una commozione senza eguali.
La storia comincia così:
Aveva fatto qualcosa che suo padre aveva disapprovato, sebbene nessuno più rammentasse cosa. Il padre l'aveva trascinata sulla scogliera e gettata in mare. I pesci ne mangiarono la carne e strapparono gli occhi. Sul fondo del mare, il suo scheletro era voltato e rivoltato dalle correnti.” (trovi la storia completa qui)
Sono sicura che molte di voi, solo in queste poche righe abbiano provato un sussulto interiore... da qualche parte queste parole hanno trovato emozioni in risonanza, perché il nostro essere donna oggi ha spesso radici lontane nel rapporto con i nostri padri.
Questo è vero soprattutto quando lo sguardo paterno non ha accettato certe parti di noi, e così le abbiamo cambiate, o esasperate, o rimosse, il tutto per essere amate, in qualche modo.
Ed è lì che ha inizio il processo verso la donna scheletro, portatrice di ferite passate, entrate a far parte del nostro repertorio di essere, ma sul piano inconscio.
Il pescatore che ignaro, prende con il suo amo, non un grosso pesce come crede, ma la donna scheletro che giace infondo al mare, rappresenta l'innamorato nella fase iniziale, colui che crede di aver trovato la situazione perfetta che possa durare sempre uguale a se stessa, in un idillio senza fine... finché non vede davvero l'oggetto della sua preda.
Non è un pesce grosso che gli garantirà nutrimento e ricchezza, ma il teschio calvo di una donna raccapricciante, che lo obbliga a fare i conti anche con le sue parti sommerse dall'inconsapevolezza.
La prima reazione è quella della fuga: nella storia il pescatore fugge dallo scheletro che essendo attaccato alla lenza pare inseguirlo in una corsa senza fine, mentre nella nostra vita questo significa fuggire dall'impegno, dall'intimità, dalla necessaria visione dell'altro così com'è, senza il filtro dei nostri bisogni e proiezioni di ciò che vogliamo vedere in lui/lei.
È in questa fase che appaiono in noi frasi del tipo “non voglio rinunciare a...” “forse con un altro/a potrebbe andare meglio...” “non sono pronto/a a cambiare la mia vita...” “non voglio cambiare se non ho garanzia che la cosa andrà in un certo modo...” e così via.
Vorremmo tutto il bello dell'amore, ma rinnegando la sua parte ombra, rendendolo così un'immagine stereotipata, da cambiare quando non ci corrisponde più.
Il problema è che, intesa in questo senso, la nostra visione dell'amore sarà sempre destinata a essere vissuta “a termine”, perché l'idillio ha necessariamente una scadenza.
Poi deve lasciare il posto alla realtà e al compito fondamentale di guardarla in faccia, anche nei suoi aspetti che più ci inquietano.
Quanto più il pescatore scappa, tanto più ha l'impressione di essere inseguito dallo scheletro, non accorgendosi che in realtà, quel filo invisibile che lega la donna alla sua canna da pesca, è parimenti il filo del desiderio di conoscenza della verità, è la via al cambiamento, che lo può portare verso la radicale trasformazione di sé e del rapporto con l'altro.
Nessuno di noi è mai veramente pronto a fare questo, perché non esiste il momento giusto per farlo: è qualcosa che accade e deve essere preso al volo, con volontà e coraggio.
Ma qual è il “non-bello” dell'Amore?
È il riconoscere la nostra segreta fame di essere amati, la nostra negligenza quanto a lealtà […] i nostri bitorzoli psicologici, le inadeguatezze, gli equivoci e le fantasie infantili
è comprendere che amore non è tutto un luccichio di candeline...”
Per questo si afferma che la donna scheletro rappresenta la natura Vita/Morte/Vita del rapporto a due.
Noi ci lasciamo spaventare dall'aspetto terrifico dell'ombra dell'altro, pensiamo che una volta entrati in contatto con questa, il processo sarà irreversibile e porterà verso la fine, invece occorre comprendere che sbrogliando la donna scheletro si comincia a spezzare l'incantesimo, la paura di essere consumati, resi per sempre morti e si apre la strada ogni volta a una fase nuova di rapporto, basata su altri presupposti, sempre più intimi e saldi.
Vedere i limiti propri e dell'altro, le mancanze, gli errori, non significa perdere tutto quello che si è costruito finora, ma piuttosto rendergli onore in modo diverso, rendendoli pietra d'angolo di nuove modalità di relazione.
In questa lettura delle cose, la fiducia non dipende più dalla certezza che l'amato non ci ferirà. Si tratta di una fiducia più ampia verso la vita, è la fiducia che qualunque ferita si riceva essa potrà essere curata, perché una nuova vita segue la vecchia e le cose possono essere trasformate, insieme, se vogliamo. [stiamo attente però a non voler far questo tutto da sole... è un processo che, per essere vero e duraturo va fatto in due, altrimenti non è altro che una delle mille trappole di Barbablù]
La storia narra inoltre, che durante la notte, il pescatore produce una lacrima che viene bevuta dalla donna scheletro: e questo è il nuovo inizio.
Il contatto da parte della donna col dolore e le ferite dell'uomo, che gli permette di avvicinarle, di avere un contatto profondo con le parti di sé più fragili, che per pudore non ha mostrato mai a nessuno.
Solo così il processo di fiducia è innescato.
Grazie alla donna, anche l'uomo è in contatto col suo dolore e le sue ferite e non le teme più, perché adesso non è da solo ad affrontarle e non se ne vergogna.
Solo adesso può davvero aprirle il suo cuore e permettere che lei lo usi come tamburo per intonare il suo canto di vita. Quando un uomo si apre completamente alla sua donna, significa che la accetta in tutti i suoi aspetti e le permette di rinascere a nuova vita: così come lo scheletro della storia si ricopre di carne e capelli e gioia, così nella propria vita la donna si scopre più vera, completa, capace di donarsi e di amore infinito, per colui che l'ha vista e riconosciuta senza filtri e giudizi.
È il ciclo Vita/Morte/Vita che si compie, fino al prossimo passo insieme, lungo il cammino di crescita a due che non finisce mai.
Amare significa abbracciare e nel contempo sopportare molte molte fini e molti molti inizi – il tutto nella stessa relazione. La donna scheletro dimostra che vivere insieme accrescimenti e decrescimenti, conclusioni e inizi, crea un amore impareggiabile.

Vi auguro una serena settimana
virginia

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