lunedì 1 luglio 2013

Vento d'estate




Della mia passione di fotografare finestre in giro per il mondo ormai ne siete a conoscenza.

E se non lo sapete, trovate le puntate precedenti qui e qui.

Quando ho del tempo da dedicare alla scrittura, come in questa domenica che sonnecchia un po' come me, mi piace prendere le foto che ho scattato e scriverci una storia, inventare personaggi, vite di donne che traspaiono dai frammenti di un istante rubato dall'obbiettivo.

Questa è la foto che ho scelto oggi.
 
 
(Rovigno, Croazia - 2010)
 
E questa è la storia che mi ha ispirato. 

Ogni anno in agosto mi rifugio qui.

Mi piacerebbe poter dire che cerco la solitudine, il silenzio... che ho bisogno di dedicare finalmente del tempo a me stessa, dopo tanti mesi di duro lavoro.
Invece non è così.
Vivo a ritmi molli, pur se cadenzati.
Ricopro una posizione privilegiata in azienda, pur essendo una semplice impiegata: non sono costretta a misurare i gesti, a dimostrare forsennati ritmi di battitura sulla tastiera, cercando di distogliere il meno possibile lo sguardo dallo schermo, per non essere redarguita dal capo, implacabile sorvegliante attento che tutti i conti tornino.
Per me i numeri sono davvero un'opinione. Posso permettermi di disilludere le aspettative di chi calcola al minuto la giornata. Perché io rappresento un'eccezione e allo stesso tempo un cliché, duro a estinguersi.
Sono l'amante del capo.
Sono l'altra. Non quella di una sera, no – a volte immagino che sarebbe stato meglio – invece sono quella della vita parallela, quella che se ne sta docile ad aspettare il momento in cui qualcosa cambierà.
Mi rendo conto che anche il tempo per me è un'opinione.
Forse era meglio se facevo la filosofa, piuttosto che la contabile.

Ogni anno mi rifugio in questo piccolo appartamento, che mi rispecchia.
Anche lui sta in mezzo, in uno spazio ritagliato fra case di tutt'altra importanza.
C'è giusto questa finestra, unico affaccio alla luce, unica possibilità di contatto col mondo. Da qui puoi osservare la vita nelle stanze degli altri, assistere a scene familiari di una pacificante noia mortale: bambini a fare la doccia, no, adesso, che poi si mangia, caro digli qualcosa, pensaci tu, io non posso, cosa si mangia, tutti a prendere il gelato... e il tempo passa.
Qui dentro non ci sono voci di bimbo, non c'è nemmeno un cane o un gatto perché a Lui non piacciono.
E io rispetto i suoi desideri, non come la moglie che per accontentare i bambini, gli ha imposto un cucciolo dispettoso che deve portar fuori ogni sera (ma almeno a volte diventa la scusa per un incontro fugace).
Ma anche questo non basta a farlo migrare.

Ogni anno mi rifugio in queste due stanze di false speranze.
Sono io che migro assecondando i venti del suo volere.
Si, lui è qui, nel paesino vicino. Con la famiglia, e pure il cane.
Ogni tanto va a pesca, questo è quello che dice.
E si rifugia con me qui dentro per qualche ora, provando a pescare un po' di entusiasmo nei miei occhi annacquati dalla tristezza. Ovvio che non glielo faccio pesare. Io devo essere una valida alternativa.
Così anche le mie vacanze sono molli, ma cadenzate.
A Lui va bene così. Lui scandisce il ritmo della mia vita.
Presenza, assenza, presenza, assenza... io esisto se c'è, mi spengo se manca.
Guardo in controluce questo bikini che ogni giorno indosso e stendo al filo la sera, una volta liberato dai residui di una lunga giornata di solitudine salmastra.
Una volta era di un bel verde acceso, vivo e vibrante, mentre adesso è sbiadito, sformato e vissuto, ma non riesco ad abbandonarlo, così come Lui non abbandona la confortante morsa del suo vivere quotidiano.
Io mi sento come l'altro mio costume, quello nuovo, che giace ripiegato su se stesso sul fondo del borsone da spiaggia. Mi piace, quando l'ho comprato ne ero entusiasta, tipico colore sgargiante e modello molto particolare, sexy, all'ultima moda: quante volte l'ho provato davanti allo specchio, prima di partire, sicura che questa volta avrei osato indossarlo, rinunciando all'abitudine di quello conosciuto.
Invece poi trovo sempre mille scuse: si rovina, domani lo metto, per quella spiaggia non va bene, aspetto la giornata in cui Lui si decide a portarmi in quella caletta che conosce.
E così arriva l'ultimo giorno di vacanza. Ed è tardi.
Se non lo indossi subito poi non lo metti più, perché lascia meno spazio all'immaginazione, è ridotto ai minimi termini e rivela segni bianchi sulla pelle già abbronzata, che mostrano che qualcun altro c'è stato prima, ha occupato quello spazio, ma in maniera più sobria, più contenuta.
Sua moglie è il costume di ogni giorno, un verde sbiadito di consuetudini che non lasciano spazio al desiderio. O almeno questo è quello che Lui sostiene, (e forse non gli credo più).
Io sono il sexy bikini che potrebbe portare una ventata di novità, ma ormai trova senso solo in una stanza, davanti allo specchio, senza mai vedere la luce del sole, perché se fosse indossato dopo l'altro, urlerebbe al mondo scomode verità.

L'estate sta per finire. Stasera sento che sta cambiando il vento.
È un po' che ci penso.
Qui vicino c'è una spiaggia naturista. Non c'è bisogno di costumi.
Può essere il modo di cancellare tutti i segni sulla pelle, per ripartire da zero.
Domani ci vado.
Non aspetterò le briciole di tempo dell'ultimo giorno prima del rientro. Non assisterò alla telefonata di richiamo per preparare le valigie, calmare i bambini e portare fuori il cane.
È la prima decisione autonoma da anni.
Mi sento già meglio. E forse, chissà... al rientro, farò la filosofa.
O la contabile... ma sul serio.
Una riga e si tirano le somme.
Se i conti non tornano, è l'ora di cambiare metodo... e aria.

Buona settimana, soprattutto a coloro che sono in procinto di seguire venti diversi, per scoprire nuove terre da esplorare.  
 
virginia
 
N. Fabi, M. Gazzé - Vento d'estate

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