lunedì 3 febbraio 2014

le mamme e i papà "speciali"



Qualche week end fa ho partecipato a un corso di formazione.
In verità chiamarlo corso di formazione è molto riduttivo.
È stato un piccolo e grande percorso dove ho potuto conoscere e sapere informazioni ma anche vivere, elaborare e sentire tante emozioni, col cuore ma anche con tutto il resto del mio corpo.
Ho conosciuto Claudia Ravaldi, fondatrice dell'Associazione CiaoLapo Onlus, di cui potete trovare il sito e tutte le info qui.
Si, era un corso sul lutto.
Su uno dei lutti più difficili da accettare: quello in gravidanza e dopo il parto.
È durante questi giorni che ho scoperto il significato nuovo di un accostamento di parole conosciuto: “genitori speciali”.
Sono mamme e papà speciali, tutti quei genitori che affrontano il dolore più straziante e lacerante: la perdita del proprio bambino quando ancora non ha visto la luce o quando cause incomprensibili lo rubano alla vita appena nata.
Accompagnare una donna e una famiglia che ha subito questa esperienza è un cammino intimo e delicato, un percorso che segue strade e tempi diversi, perché il lutto non è patologia, fa parte della nostra vita.
Le risposte mediche o il desiderio comune di spingere a guardare oltre, non vanno di pari passo alle ragioni dell'anima.
È difficile trovare parole che descrivano momenti così personali, privati e profondi.
Come altre volte, proverò ad affidarmi alla narrazione di una storia, che è nata sì nella mia immaginazione, ma radicandosi nelle storie ascoltate dalle mamme, in quelle lette fra le pagine di testimonianza di CiaoLapo, risuonando dentro di me e uscendo di nuovo come parole da leggere insieme, per provare a dare uno spazio alla sofferenza, perché non venga vissuta in solitudine e isolamento, di fronte alla quale si può almeno ascoltare in silenzio e sostare, con rispetto e pudore.


Ho sempre pensato che finché tu fossi stato qui dentro alla mia pancia, saresti stato al sicuro, che io ti avrei protetto dal mondo, dai pericoli... cosa più difficile una volta che tu fossi uscito fuori.
Mi sentivo forte, onnipotente e in grado di fare tutto per te.
Eri dentro di me ancora prima di esserci.
Ti ho pensato, sognato, immaginato e amato milioni di volte, creando ogni volta per te e per noi una vita possibile, una storia diversa, o semplicemente un futuro, dove ti avrei insegnato a crescere e io sarei cresciuta con te.
Invece non c'è mai stato neppure un presente.
Io, in quel buio che tu abitavi qua dentro, non ci ho mai capito granché.
Il dottore spiegava, “qui c'è questo, qui c'è quest'altro...” in quel monitor nero pieno di graffi bianchi che ti disegnava.
L'unica cosa che mi ha rassicurata fin dalla prima volta che ti ho visto, era quella macchiolina pulsante, il tuo cuore, che come un piccolo tamburo scandiva il ritmo della mia gioia.
Vuol sapere il sesso? No non lo volevo sapere, mi bastava sapere che c'eri.
Vuole fare l'amniocentesi? No, era già un miracolo che tu ci fossi.
Ma un giorno non ci sei stato più.
Come nelle brutte storie, quel buio che prima mi affascinava, dopo mi ha risucchiata.
Con lo stesso garbo gentile con cui mi descrivevano i tuoi piccoli organi, mi hanno detto che avevi smesso di vivere.
E io sono caduta in un pozzo di dolore.
Hanno aggiunto che non dovevo preoccuparmi e che non eri ancora ben formato... ci sarebbero stati altri bambini... meglio così che danni più gravi... meglio così che malformazioni e una vita-non vita... infondo io ero sana e avremmo potuto tentare di nuovo...
Ero incredula, confusa: quelle voci mi arrivavano infondo al pozzo con un'eco devastante.
Volevo farli tacere ma ero impotente, perché a volte erano amplificate anche da quelle di chi, da vicino, avrebbe dovuto capire, sapere... o per lo meno tacere.
Che ne sanno tutti quanti di quanto amore c'era in quel fagiolino che custodivo nel ventre?
Come possono pensare che una vita vale l'altra solo perché ancora non ha visto la luce?
È una questione di settimane, di mesi, di giorni? Oppure di sentimenti? Di tempi o di profondità?
Nella mia mente di mamma tu esistevi, nei progetti miei e di papà tu eri già un piccolo tesoro, un grande ponte verso il futuro, che immaginavamo roseo, come quello di tutti i bambini.
Ti ho dato alla luce, e, nonostante il buio che mi attanagliava, è stato un dono.
Ho voluto vederti, toccarti, provare che non mi ero sbagliata... c'eri stato davvero, così piccolo e fragile.
Ti abbiamo dato un nome. Ho voluto una foto con te.
Le persone non capiscono, mi guardano smarrite quando lo dico e il loro sguardo di biasimo ferisce.
Non capiscono che per me quegli atti sono gli unici spiragli in questo nero denso che ancora non si è dissolto.
Anche i referti sono sterili parole, perché non voglio una causa, cerco un “significato” e nemmeno la fede mi aiuta a mettere pace in questo mio cuore agitato.
Solo leggere le storie delle altre “mamme speciali” mi aiuta.
A volte mi fa disperare, a volte mi aiuta a sperare.
E così il tempo passa, misura l'assenza.
Dal fondo del pozzo vedo le stelle e ci sono giorni in cui mi sento in colpa.
Per un sorriso, per aver recuperato il piacere di una serata con il papà, per immaginare di poter amare anche un altro bambino...
Poi mi dico che tutte le madri hanno qualche senso di colpa, si fanno domande sul male e il bene per i loro figli... e in questo mi sento vicina e uguale alle mamme “normali”, perché infondo lo sono, una mamma, la tua, dovunque tu sia.



Invio un abbraccio virtuale ai genitori di bambini che abitano la loro memoria, tracce indelebili di amore incommensurabile.

Buona settimana
virginia

In collaborazione con l'Associazione Madreluna di Vicenza è attivo uno Sportello di sostegno al lutto perinatale (trovi qui maggiori info) 

2 commenti:

Moky ha detto...

sono una "mamma speciale".... ho perso Alessio alla 24esima settimana di gravidanza. Non c'è dolore più grande...
Grazie per le tue parole, che ho trovato casualmente girovagando in vari blog!

donneincontatto ha detto...

Cara Moky, grazie per aver lasciato la tua testimonianza.
Mando un abbraccio intenso a te e al piccolo Alessio.