lunedì 17 marzo 2014

Le donne della notte



Quando ho appuntamenti in studio fino a tardi, sulla via per rientrare in città devo attraversare una zona popolata dalle “donne della notte”.
Giovani, giovanissime e meno giovani.
Inguainate in abiti succinti o in jeans e giubbottino, scarpe basse, come l'orientale che se ne sta da sola un po' appartata, in una strada laterale.
Ogni volta mi interrogo sulle loro vite, su cosa pensano, su cosa provano.
Molti anni fa ho letto “undici minuti” di Coelho e da allora, sospendo i giudizi e non posso esimermi dal chiedermi quali storie si celano dietro a quei corpi più o meno ostentati su un marciapiede.
Il racconto ispirato da questa foto è nato così.



Vivo in questa casa spoglia, come me.
Ci vivo da quattro anni, da quando sono arrivata dal mio piccolo paese, perso nelle steppe della grande Europa dell'est.
Non sono giunta qui sulle ali di un sogno: ero consapevole che per vivere avrei dovuto scendere a molti compromessi.
Sono spoglia di tutto: della mia identità, del mio amor proprio... e dei miei vestiti, spesso. Troppo spesso.
No non è per il caldo – anche se rispetto al mio paesino qua l'inverno è mite e mi vesto leggera – o almeno, non per il caldo che sento io.
È perché faccio questo strano mestiere che mi porta a rispondere al fuoco delle membra altrui.
Di giorno a volte mi illudo di essere una ragazza normale, mi sono iscritta in palestra (che si sa, anche per il lavoro, il corpo deve essere in forma), vado a fare la spesa, ho delle amiche che fanno il mio stesso mestiere e insieme vaghiamo per la città immaginando se le donne incontrate per strada potrebbero essere le mogli di quegli uomini che vengono a cercare conforto la sera fra le nostre gambe.
Si è vero. Ci illudiamo, ma non ce ne dimentichiamo nemmeno di giorno.
La mia amica, che aveva sogni di vanagloria, dice che gli uomini sono tutte bestie.
Io da piccola dicevo che avrei fatto la veterinaria.
Forse è per questo che per sfuggire alla noia di un atto sempre uguale a se stesso, meccanica ripetizione di gesti e suoni, mi allieto associando le categorie degli uomini ai vari animali.
E lo faccio proprio mentre sono lì, nel momento in cui loro si affannano alla ricerca di un piacere che faccio fatica a concepire.
A volte credo di nobilitarli. Altre volte lo faccio per distruggerli.
Ci sono quelli cane, che si affezionano e tornano ogni volta scodinzolando allegramente, fidelizzati da un gemito involontario, interpretato come godimento, testimonianza della loro virilità.
Ci sono quelli pappagallo che vengono quasi esclusivamente per parlare, ripetere all'infinito parole che ormai nessuno ascolta più: problemi al lavoro, lamentarsi della famiglia, vomitare tutto ciò che altrove non è permesso.
Ci sono quelli coniglio, pavidi infanti che non osano neppure guardarti per non eccitarsi troppo e subito. Con loro il rapporto tempo/denaro è tutto guadagnato.
E ancora i camaleonte, clienti occasionali, quelli che vogliono sperimentare una situazione diversa, un'identità alternativa oppure un'emozione forte, perché la loro vita è vuota di senso, oppure troppo piena di niente.
Ci sono quelli che chiedono tutto e quelli che non chiedono nulla.
I peggiori? Sono quelli che io chiamo le iene, che arrivano quasi al mattino e godono ad usare un corpo cadavere dove già in molti altri hanno inferto un colpo mortale.
Quando il sole sta per nascere, io tramonto.
Torno a casa e trovo Agrado, la mia micia.
L'ho chiamata così in onore al personaggio di Almodovar: con l'augurio che almeno lei possa essere se stessa, visto che io non ci riesco.
Agrado non ha paura: se ne sta sospesa sul vuoto, guarda il mondo da una diversa prospettiva, vive in bilico ma sicura nel suo equilibrio precario.
Tutte le donne sono un po' gatte per questo.
Docili ma astute. Addomesticate ma infondo un po' selvagge, sfuggenti e potenti.
Invece molti uomini hanno paura. Una paura folle della donna e del potere che può avere su di loro.
Forse per questo vengono a cercare noi di notte.
Per avere l'illusione di poterci dominare, pagando.
Non sanno invece che sono loro gli schiavi, che siamo noi a dominarli dall'alto, proprio come fa Agrado con gli inconsapevoli passanti.


Buona settimana
virginia



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