lunedì 24 novembre 2014

Come spiegare la pubblicità ai bambini?



La settimana scorsa sulla pagina fb del Progetto Wonder Woman ho avuto modo di scambiare alcune riflessioni con un nostro follower a partire da questo post sull'uso stereotipato (anche) del corpo maschile nella pubblicità.
Il nostro confronto si è esteso al significato che certe immagini possono avere per i bambini o adolescenti che sono ormai bombardati da modelli estetici di un solo tipo, con a volte le tragiche conseguenze dell'incorrere in età sempre più precoci nei disturbi alimentari o in disagi dell'autostima.
Il nostro lettore, scherzando mi chiedeva se in proposito volessi proporre il bollino rosso anche per le pubblicità, così da uno scambio all'altro, ho pensato di ordinare i pensieri in un post sull'educazione al genere.
Come ci faceva notare il nostro amico su fb, sicuramente nel mondo reale ci sono uomini e donne di tutte le tipologie, quindi può essere opportuno non distinguere fra uomini e donne “veri” - quelli che incontriamo ogni giorno – da donne e uomini “falsi” ovvero quelli della tv e dei media, ma ritengo che il nucleo su cui fondare una educazione alle immagini non sia il divieto di alcune di esse, bensì lo sguardo critico con cui si possono guardare.
Avere uno sguardo critico però non significa demonizzare la pubblicità, né mettere bollini rossi.

Anche se qui apro una parentesi: in un laboratorio sulle emozioni in seconda elementare qualche tempo fa ho usato delle riviste dove far ritagliare ai bambini le immagini che evocassero in loro i diversi stati d'animo e poi fare un cartellone da appendere in classe.
Alcuni bambini e bambine avevano ritagliato per rappresentare la “paura” delle immagini di modelle in passerella o in un servizio fotografico in costume, con pose molto provocanti.
Questo ci deve far capire che le foto hanno un forte impatto emotivo su tutti noi e che i piccoli possono non avere i nostri stessi strumenti per filtrarle, con la conseguenza che ne restano sovra-stimolati e incapaci di assegnargli un significato nel loro abbozzato sistema di valori.

Riprendendo il filo del discorso, ritengo sia doveroso insegnare ai ragazzi molto precocemente ad avere risorse per poter elaborare i messaggi stereotipati che ricevono ogni volta che accendono la tv, navigano su internet o aprono una rivista.
I giovani sono alla continua ricerca di modelli, per cui se ciò che vedono è di un solo tipo non potranno mai operare una vera scelta: è una realtà che a casa abbiano genitori che possono non essere esteticamente perfetti, amici e amiche lontani dal mondo patinato, ma tenderanno sempre a guardare chi – ai loro occhi – c'è riuscito, è arrivato ad essere famoso, chi detta le mode e promuove i loro oggetti del desiderio.
Se i personaggi e i corpi delle donne e degli uomini sono usati alla stregua degli oggetti stessi, loro non potranno fare altro che assimilare quel messaggio: posso usare il mio corpo per attirare l'altro verso di me.
Il problema è che prendendo alla lettera il messaggio, pensano di poter e dover usare solo quello.
È per questo che la nostra società sta volgendo sempre di più verso il narcisismo imperante: stiamo iper-investendo sulla forma e sempre meno sulla sostanza.
E chi non riesce a stare al passo viene considerato un perdente.

Il nostro lettore, sottolineava che le ferite all'autostima arrivano comunque... è vero, ed è giusto e normale che si ricevano dei no, che qualcuno possa rifiutare i primi tentativi di seduzione con un “non mi piaci” e che non tutti i desideri possano essere esauditi.
Ma se un giovane non è abituato a valutare la sua personalità a tutto tondo, se aderisce allo stereotipo imposto sentendosi mai all'altezza e poi gli viene detto non ti voglio perché sei troppo grasso/troppo magro, troppo alto/troppo basso, con poco seno/con troppo seno ecc... allora lo stigma sociale può prendere il sopravvento e creare disagi molto profondi.
Soprattutto in adolescenza, quando tutta l'attenzione è rivolta al mondo fuori dalla famiglia: i valori familiari possono essere i migliori ma prevarrà il bombardamento mediatico.
Per questo stanno sempre più nascendo progetti nelle scuole che facciano riflettere in modo obiettivo su tutto quello che i media propongono, perché le nuove generazioni possano comunque guardare a ciò che li circonda con consapevolezza e criterio, nella speranza che anche chi crea le pubblicità diventi più sensibile a questi temi. 
Il ruolo fondamentale di questi tipi di educazione vuole essere quello di permettere l'accesso ai vissuti introspettivi, a porsi domande piuttosto che accettare risposte preconfezionate su cosa è bello e cosa no, su cosa è giusto e cosa no, soprattutto nelle relazioni fra uomini e donne.
Ai figli chiedete cosa ne pensano di ciò che osservano e li circonda, perché non è mai troppo presto per educare al rispetto e alla diversità.
I bambini vanno aiutati ad includere ciò che vivono e vedono nella loro esperienza e non a separare o tacere, cercando ovviamente significati da adattare alle varie età o fasi di vita.
A tal proposito vi lascio con questo illuminante video girato in una scuola elementare di Pistoia, testimonianza che se ai bambini viene dato spazio per riflettere, trovano dentro di loro quelle risorse che possono aiutarli a essere adulti maturi e in continua ricerca di senso.


Domani è la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne,
dunque dedico questo post agli adulti del futuro, perché la violenza per loro sia solo un triste ricordo del passato 

buona settimana
virginia 

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