lunedì 1 dicembre 2014

Siamo tutti portatori sani di patologia?



Ognuno è amico della sua patologia
(Alda Merini)

Nonostante tanti anni di lavoro, un interrogativo spesso mi assale: che cosa può caratterizzarsi davvero e fino in fondo come psico-patologia?
Al di là della nosografia psicopatologica tradizionale che serve a creare un gergo comune per definire sintomi e segni di comportamenti che esulano dalla “norma”, chi e che cosa può arrogarsi il diritto di decidere che tutto in una persona è patologia? 
A volte sembra che si perda il significato e valore del soggetto dietro alle etichette di depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi alimentari, psicosi ecc... 
In maniera sensatamente folle mi piace seguire il pensiero di James Hillman, secondo cui

vogliamo far tacere il rumore concettuale del gergo psicologico e creare, nello studio del terapeuta, un'atmosfera in cui i vari momenti ci parlino nei termini loro propri e noi rispondiamo nei nostri.
La terapia diventa allora la disciplina del cercar di scoprire cosa sono quei termini in ciascun caso – buttando via la diagnosi in favore dell'inventiva, terapeuta e paziente insieme, un linguaggio in comune adatto a questa particolare vita. Allora non stiamo cercando di scoprire e curare una malattia, stiamo cercando di inventare e parlare un linguaggio. 
È questa la cura: parlare alla vita e ascoltare la vita.
E lo scopo non è che la vita guarisca, o diventi normale, e nemmeno che cessino le sue sofferenze, ma che la vita diventi più se stessa, che sia più onesta con se stessa, sia più fedele al suo demone” (2005, pag. 95-96)

dove per demone si intende il δαίμων (dáimōn) socratico, il proprio genio, o angelo, quella scintilla che ci appartiene da sempre e che può guidarci verso la realizzazione.
Occorre comprendere che talvolta il genio sembra mostrarsi soltanto attraverso i sintomi e disturbi come una sorta di medicina preventiva che ci trattiene dal prendere una falsa strada (Hillman op.cit. Pag. 83).

Anche Edward Bach – medico inglese inventore della floriterapia – sosteneva una cosa analoga:
ciò che noi conosciamo come malattia è in ultima analisi il risultato finale causato nell'organismo, il prodotto finale di forze che agiscono nel profondo dell'animo umano. […] In sostanza, la malattia è il risultato di un conflitto fra l'anima e la mente […] sebbene in apparenza sia crudele, in realtà è benefica e utile e, se interpretata nel modo giusto, può guidare alla scoperta degli errori decisivi che abbiamo commesso, cosicché diventeremo persone migliori
(Bach, 1931 in Scheffer, I fiori che guariscono l'anima, 2003 pag. 56-58).

E infine anche Roberto Assagioli, il padre della Psicosintesi :
La frequenza dei disturbi che hanno origine spirituale va rapidamente crescendo ai giorni nostri, dato il numero crescente di persone le quali, consciamente o inconsciamente, brancolano per trovare la propria via verso una vita più piena
(Principi e Metodi della Psicosintesi Terapeutica 1973, pag. 44).

Noi siamo un colloquio” dice Hölderlin, citato da Galimberti (2009), il quale aggiunge:
il colloquio è fatto unicamente di parole, ma le parole non si dicono solo, si ascoltano anche. Ascoltare non è “prestare l'orecchio”, è farsi condurre dalla parola dell'altro là dove la parola conduce. Se poi, invece della parola, c'è il silenzio dell'altro, allora ci si fa guidare da quel silenzio. Nel luogo indicato da quel silenzio è dato reperire, per chi ha uno sguardo forte e osa guardare in faccia il dolore, la verità avvertita dal nostro cuore e sepolta dagli psicofarmaci la cui prima funzione è quella di mettere a tacere il cuore.
(I miti del nostro tempo, pag 175)

Già Otto Rank, l'enfant terrible della psicanalisi vedeva la nevrosi come un'opera d'arte mancata, da cui faceva discendere la necessità di una “terapia della creatività”.

Prendendo le mosse da tutti questi maestri, mi piace pensare al mio lavoro come a una paziente opera artistica e artigianale, fatta a quattro mani, le mie e quelle della persona che si rivolge a me, per creare qualcosa di unico e originale, autentico, come ogni vita può essere. 

"La terapia, o l'analisi, non è solo qualcosa che gli analisti fanno ai pazienti, essa è un processo che si svolge in modo intermittente nella nostra individuale esplorazione dell'anima, negli sforzi per capire le nostre complessità, negli attacchi critici, nelle prescrizioni e negli incoraggiamenti che rivolgiamo a noi stessi. Nella misura in cui siamo impegnati a fare anima, siamo tutti, ininterrottamente, in terapia."
(J. Hillman, Re-visioning Psycology, 1975)

buona settimana
virginia 

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